trump-putin-hillary

A qualche ora di distanza dalla vittoria a sorpresa di Donald Trump, l’istinto è quello di lasciarsi trascinare dal fiume dei commenti e dello sconforto. Invece io ritengo che occorra mettere da parte la preoccupazione che deriva dal presagio di sventura che Trump rappresenta e passare a occuparci subito di cosa fare in concreto per scongiurare il peggio. Non c’è alcun dubbio sul fatto che la candidatura di Hillary Clinton abbia rappresentato quello che viene chiamato l’establishment e avesse elementi di debolezza proprio in virtù di tale evidenza. Ma non vi è dubbio che la vittoria di Trump rappresenti la vittoria del cinismo più greve e della menzogna e che oggi i tanti che si affrettano a salire sul carro del nuovo Presidente degli USA rappresentino una parte del problema e non della soluzione, perché il “vaffanculo globale” che Grillo si affretta opportunisticamente a santificare colpirà in modo violento ciascuno di noi.

Il risultato finale delle elezioni americane ci mette davanti una realtà che vede ancor più l’Europa come il vaso di coccio sempre più fragile in mezzo a vasi di ferro sempre più resistenti. Si profila infatti uno scenario globale completamente differente da quello che abbiamo conosciuto dalla fine della seconda guerra mondiale fino ad oggi dove l’Europa, sotto l’ala protettiva degli USA, ha potuto rimanere divisa e litigiosa, separata tra tanti egoismi e particolarismi, incapace di costruire uno stato federale che sapesse avere una politica estera e di difesa comune, un esercito comune, una politica sull’immigrazione comune, una politica industriale, energetica e ambientale comune.

Oggi, l’era Trump (certo ancora tutta da scoprire) prefigura con ogni probabilità nuovi scenari, dove si romperanno i fragili equilibri che hanno arginato le mire espansioniste della Russia di Putin verso l’Europa occidentale e verso il medio-oriente e dove gli stessi Stati Uniti, da alleati scomodi ma necessari, potranno trasformarsi in concorrenti assai più minacciosi. Mai come ora e mai con questa urgenza, l’Europa dovrebbe comprendere quello che sta accadendo e porre in essere tutta l’intelligenza strategica di cui è capace. Mai come in questo momento sarebbe necessario un salto in avanti per superare egoismi e nazionalismi, per creare gli antidoti a tragedie che a me oggi paiono sempre più probabili. L’accerchiamento che stiamo vivendo è minaccioso e incombente: l’invasione della Crimea da parte dei Russi, la vicenda Ucraina, le reazioni di chiusura dell’Ungheria, dell’Austria e di altri Stati sulla questione dei migranti, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, la deriva autoritaria e fondamentalista della Turchia di Erdogan (quanti errori su questo da parte dell’Europa!!), la guerra siriana dove una molteplicità di concorrenti rende apparentemente irrisolvibile il conflitto e dove si stanno misurando, come in una tragica prova, attori che potrebbero confrontarsi con gli stessi strumenti di distruzione su territori ben più ampi, la questione irrisolta della Libia, la decennale questione israelo-palestinese, oltre alle notizie di tutti i giorni che si sentono in ogni angolo del nostro continente che alimentano l’illusione del protezionismo come reazione a quello che accade, sono sintomi di un male che rischia di divenire incurabile. Questa Europa imbelle e divisa rischia di trovarsi schiacciata come la maionese in un panino se Putin e Trump dovessero dare concretezza a quel che ora pare prefigurarsi; rischiamo nuovamente di divenire terreno di conquista piuttosto che essere partner o alleati con cui trattare. L’unica soluzione è arginare questa sciagura mettendo insieme le nostre debolezze, superando vecchi trattati e lasciandoci alle spalle un’eurocrazia autodistruttiva, per costruire un’Europa federale dei popoli che sappia sognare e che sappia avere la forza, anche militare, di contrastare le due storiche superpotenze, divenendo noi stessi un vaso di ferro capace di resistere agli impatti e determinando la creazione di un nuovo equilibrio globale, senza dover passare da nuove distruzioni e nuove guerre che, è terribile dirlo, divengono altrimenti sempre più probabili nel medio periodo.