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Marco è eccessivo anche da morto. I telegiornali straripano di immagini, interviste e servizi per ricordare il combattente nonviolento della democrazia e dei diritti; i giornali traboccano di inchiostro in pagine e pagine di ricordi elogiando i successi; i Social Network esplodono di commenti e commozione per chi ha cambiato questo Paese e l’Europa e non solo, al netto dei soliti imbecilli da tastiera che dileggiano sempre e in qualunque occasione, nel chiuso delle loro stanze e delle loro vite. Quegli stessi organi di informazione, vero e proprio incubo e obiettivo dei Radicali e di Pannella, che hanno censurato, deriso, vilipeso, dileggiato ma soprattutto mai valorizzato abbastanza il sessantennio di lotte radicali, oggi tributano un sincero riconoscimento. C’è, certo, l’ipocrisia dei coccodrilli e della retorica stantia dedicata a chi ci lascia ma c’è affetto, riconoscenza, compassione (parole care a Marco).

C’è un’Italia – e non solo – che si trova orfana di chi fino ad oggi non ha compreso pienamente, non ha fatto proprio, non ha amato come avrebbe dovuto. Un’Italia piccola che si inchina a uno dei pochi grandi della nostra storia recente. Per quanti politici mondiali si mobiliterebbero il Papa, il Presidente della Repubblica, il Dalai Lama, premi nobel di tutto il mondo, avversari storici e leader europei e internazionali per portare un ricordo e un ringraziamento?

Marco è stato una vita in piena; ha rotto gli argini del perbenismo, ha spazzato tabù, ma soprattutto ha costruito consapevolezza e diritti. Ha costretto tutti alle proprie responsabilità. Anche chi non l’ha compreso per tempo.

Ho vissuto per oltre 30 anni le battaglie radicali in prima fila, e ho avuto modo di conoscere di persona i suoi eccessi, di generosità e di cattiveria, di altruismo e di passione. Ho toccato con mano la sua forza, nel bene e nel male. In questi giorni alcuni amici hanno chiamato per farmi le condoglianze per la morte di Marco, quasi fosse mio padre. Le condoglianze le accetto solo se chi le fa comprende che sono da dedicare più a chi non ha mai partecipato a questa ragionevole follia radicale, piuttosto che a chi ha dedicato forze, tempo e denaro per le idee di libertà che Pannella rappresenta. E non ha intenzione di smettere….

Oggi tuttavia credo dovremo fare tesoro di questo affetto, della fila interminabile di persone che attendono di salutarlo, per guardare avanti con una forza più grande di prima; con serenità mi vien da dire. Marco è e sarà irripetibile, meglio che questo ce lo mettiamo in testa tutti, a cominciare dai Radicali. Ma il patrimonio di idee e progetti, l’impostazione politica originale e unica che ha tenuto in piedi il movimento radicale per oltre mezzo secolo, la laicità e la libertà come somma di diritti e doveri, la ragionevolezza e la pragmaticità, la fantasia e la nonviolenza, dobbiamo farli vivere nelle nostre battaglie, attuali e future. Perché la storia non finisce il 19 maggio 2016; le lotte dei laici, dei liberali e dei libertari devono andare avanti nei modi e nelle forme che saremo capaci di concepire e far vivere. Non sarà facile ma ci proveremo.

In conclusione una osservazione e un consiglio che do innanzitutto a me stesso. Quante volte Marco ci ha spiazzato fino a farci contorcere le viscere? Quante volte ci ha convinto e quante non ce l’ha fatta? Non è stato solamente un anticonformista e controcorrente: è stato controcorrente contro chi era controcorrente e anticonformista tra gli anticonformisti. Aveva il gusto di stupire, di sparigliare, di abbattere le certezze, e aveva l’intelligenza (forse la dote più grande) per trovare spesso – non sempre – la soluzione, la chiave di volta, la leva giusta. Quante volte ciò che alla maggioranza di noi pareva ragionevole e giusto per lui era banale e inutile? Quante volte ci ha provocato rabbia per le sue posizioni apparentemente incomprensibili, alcune delle quali continuo a giudicare incomprensibili. Consiglio a tutti di evitare di dire o pensare, in un futuro vicino o lontano: “Marco avrebbe fatto …”, “Marco avrebbe detto …”, “Marco avrebbe scritto …”. Sono certo che quelle ipotesi sarebbero sbagliate e che non renderebbero giustizia alla unicità di ciascuno di noi, che ha il dovere di essere se stesso, pur conservando nel cuore e nei ricordi la fortuna di averlo conosciuto e di avere percorso un tatto di strada con lui e con la sua energia; un tratto di strada che ci ha cambiato e trasformato, profondamente e indelebilmente.

Ciao Marco.