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Pillola del giorno dopo:
abolito l’obbligo di ricetta
Ennesima vittoria radicale
per il diritto alla maternità responsabile
e alla salute sessuale

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La battaglia dei Radicali per rimuovere la ricetta per la contraccezione di emergenza si è conclusa 16 anni dopo l’introduzione del “Norlevo” nel lontano 2000. Il nostro Paese, fino a ieri, manteneva l’obbligo della ricetta “non ripetibile” per accedere all’anticoncezionale. Una vittoria ottenuta dopo 16 anni, grazie innanzitutto alla tenacia e alla forza di Silvio Viale che nel 2010 fu addirittura sanzionato dall’Ordine dei medici per avere prescritto sin dal 2004, alle donne che ne facevano richiesta, la contraccezione di emergenza (Norlevo e Lonel) per le strade e davanti alle scuole di molte città italiane.
Dichiarazione di Igor Boni, Laura Botti e Silvja Manzi (Coordinatori dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta)
Oggi è un giorno importante perché possiamo dire di aver conquistato un passo avanti per tutti. E’ una vittoria che rivendichiamo con orgoglio. Per arrivare a questo obiettivo ci sono voluti 16 lunghi anni di richieste, manifestazioni, disobbedienze civili e iniziative di informazione per strada e nelle scuole. 16 anni per ottenere una cosa di una banalità lampante: abolire l’obbligo di ricetta per la contraccezione d’emergenza che, come è ovvio, ha massima efficacia se assunta immediatamente dopo un rapporto a rischio. La ricetta è stata per lunghi anni un ostacolo e l’alibi dell’obiezione di coscienza di molti, hanno reso ancor più complesso ciò che invece deve essere rapido e semplice. Silvio Viale è stato il protagonista di questa lotta e noi con lui. Chi esce sconfitto da questa vicenda è innanzitutto l’Ordine dei medici che nel 2010 si è macchiato della vergogna di sanzionare chi metteva a disposizione il suo tempo e la sua professionalità per fornire ricette a chi le chiedeva, saltando gli ostacoli posti da una normativa assurda. Oggi possiamo dire che la ragionevolezza dei laici e dei Radicali ha avuto ragione su conservatori e falsi obiettori”.

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UNO DEI NEMICI PIU’ INSIDIOSI SI CHIAMA ASSUEFAZIONE

In Siria siamo sulla soglia di mezzo milione di morti e quattro milioni di profughi. Città distrutte, civiltà distrutta. Lo abbiamo visto dall’inizio che sarebbe accaduto e abbiamo emesso silenzio, come altre volte. Abbiamo indicato la strada del Tribunale penale internazionale quando ancora era percorribile, incriminando Assad e i suoi complici e chiunque si fosse macchiato di crimini contro l’umanità. Ma nulla di nulla. Abbiamo chiesto mobilitazione alle Istituzioni, ai cittadini. Ma nulla di nulla.
Sulla pelle dei siriani si giocano molti interessi contrapposti che vedono su quel territorio una concentrazione senza precedenti di scelte sbagliate, di non scelte e di opportunismi feroci: Putin e la Russia ne sono l’esempio lampante ma non sono certo i soli.
Un popolo intero fugge dalla guerra e dalla distruzione e trova morte nel Mediterraneo e fili spinati per ostacolare un esodo che non è arginabile. Ma il filo spinato più grande, più alto e più impenetrabile che stiamo ergendo un po’ tutti si chiama assuefazione. L’Assuefazione di ascoltare giornalmente elenchi di bambini annegati senza indignarci nel profondo e di vedere immagini di disperati che dormono accumulati come non consentiremmo nemmeno agli animali di essere.
Mi sono sempre chiesto perché durante il Nazismo non ci fosse dall’interno della Germania un moto popolare di rivolta contro quello che accadeva. Come potevano non sapere? come potevano accettare? Non so se anche allora l’assuefazione fosse un elemento importante ma temo proprio di sì.
Mentre “quelli” muoiono come mosche noi che facciamo? Cambiamo canale per non disturbare la serenità della cena. Dobbiamo vergognarci, come europei, come uomini. Ma più di tutto dovremmo avere la forza di creare un movimento di opinione enorme – a partire proprio dalla sonnolente Europa – che sappia far comprendere come quel che sta accadendo non può e non deve più accadere. Non si tratta semplicemente di chiedere pace o di affermare retoricamente “Siamo tutti siriani”; si tratta di chiedere un intervento internazionale che sappia essere strumento di giustizia come in ex-Yogoslavia, perché quando affermiamo che non c’è pace senza giustizia, che non potrà mai esserci pace senza giustizia, affermiamo che ogni Stato, ogni cittadino è responsabile. Un movimento di opinione che non consenta alla Russia, alla Turchia, agli USA e all’Europa di curare interessi e disinteressi sulla pelle dei siriani. Ne abbiamo, ne avremo la forza? Temo di no ma occorre provarci ancora.

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